Fino a diversi anni fa non sapevo che avesse un nome specifico.
Calarsi nel corpo.
Io che ho la testa perennemente tra le nuvole, che viaggio sulle frequenze più alte.
Che poi sono sempre stata attratta dal profondo: che fossero pensieri, suoni o colori.
Le voci, ad esempio.
Poi ho scoperto che per non perdermi, dovevo sedermi, camminare a piedi scalzi.
Immergermi nel verde silenzio, nel rumore delle onde, nello spazio vuoto di un secondo.
E di scendere verso la Terra, come una radice assetata.
Stare con il sedere al suolo, letteralmente.
Che poi è sempre una metafora, quando vai giù e raggiungi il fondo, riesci a spingerti, per riemergere.
Raggiungere il fondo significa raggiungere il limite, sì.
Ma osservando più attentamente forse significa guardare con più attenzione; a fondo appunto.
Scendere nella caverna, per poi tornare con una conoscenza nuova.
Riemergere: manifestarsi di nuovo, ripresentarsi.
Agli altri, certo.
Ma a noi stessi. Soprattutto.