Quando ero ragazza provavo disagio a cambiarmi negli spogliatoi. Eppure li ho girati tutti: danza, calcio, palestre tradizionali, piscine…
Il confronto con gli altri corpi mi faceva sentire sempre in svantaggio, per eccesso.
Solo con gli occhi adulti sono riuscita a vedere davvero il mio corpo per quello che era: solo un corpo.
Una delle tante combinazioni possibili.
La mia declinazione in carne ossa e respiro. Una forma.
La mia.
Oggi, spogliandomi in palestra, il pensiero mi ha ricordato quella ragazza che sono stata, e ho provato una tenerezza nuova.
Ho avuto compassione.
Di me, per tutte le volte che mi sono tenuta i vestiti addosso e ho aggiunto strati per allontanare quel giudizio, quel sentimento di inadeguatezza.
Quasi a dover chiedere scusa, di stare al mondo.
Questa è la mia esperienza, ma so che i corpi altri da me che tanto ho desiderato abitare da giovane, avevano il mio stesso problema.
Per questo amo così tanto la fotografia e il ritratto.
Perché lo specchio della fotocamera ci aiuta a guardarci, così come siamo.
“E siamo qui per rivelarci, non per nasconderci.”
Tutti.
La pellicola questo lo faceva con ancora più naturalezza, di rivelare intendo.
Rendere note cose sconosciute, segrete, misteriose.
Svelare.
Manifestare la propria vera essenza e natura.
Far emergere in modo sorprendente, le proprie caratteristiche uniche.
E permettere all’occhio di stare a guardare, anche per ore, con quello sguardo lungo e lento cos necessario.
Di respirarsi, dietro e davanti all’obiettivo.
Di riconoscersi.